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l documento dei nostri tempi. In occasione del raduno di Gorizia è stato presentato il libro Ierimodelfilzi, edito dalla Biblioteca dell’Immagine e scritto a più mani. È recensito in ‘Pubblicazioni’. Tutti i filzini sono pregati di promuoverlo e di regalarlo a parenti, amici e sodali, anche in più copie: ci aiuterà a finaziarci. Può essere ordinato direttamente a Furio Dorini oppure anche mediante il sito (clicca su ‘Scrivi’ in Home Page).

Continuemo a perder tochi: Ciso Caluzzi. Cari compagni, abbiamo perso anche Narciso ‘Cin Cin’ Caluzzi. Per colpa di un ictus cerebrale, che sembrava essere stato superato positivamente, ma alla fine qualche cosa è andato storto. Ce lo ha comunicato la moglie Licia, alla quale va un abbraccio e tutto il nostro affetto.
Tocca a me avvertirvi, sia perché il Presidente è in viaggio per motivi di famiglia, sia perché credo di essere quello che ha passato con lui più tempo di tutti durante i suoi anni di collegio. Ciso è arrivato a Gorizia nel 1949-50 e io, lui e Musco abbiamo frequentato insieme il Liceo Classico. Musco era il fuoriclasse soprannominato Tommaso (d’Aquino), per quanto riguarda me, dopo le prime interrogazioni, dovevo essere dirottato subito a un altro tipo di istituto, Ciso era il giusto mezzo: veniva dai Salesiani e, senza essere un secchione, aveva una solida preparazione, che gli ha consentito di navigare sempre in acque tranquille. Negli ultimi due anni di prima squadra, uno con Lokar e uno con Leghissa, siamo stati nello stesso banco di studio. Un sodalizio gradevole, senza la minima asperità.
Come compagno di collegio era sommamente utile, poiché registrava i menu, gli orari, le ricorrenze, le abitudini degli istitutori e del personale: nessun avvenimento lo coglieva impreparato e spesso forniva a tutti indicazioni preziose.
Ma come compagno di classe era indispensabile. Aveva un registro parallelo a quello di ciascun professore e di ognuno aveva rilevato il metodo di interrogazione, per cui ci avvertiva dell’imminente chiamata al massimo con lo scarto di un nome nell’ordine alfabetico; non solo, ma assegnava le valutazioni secondo il metro di ogni insegnante e quindi ai compagni forniva indicazioni sul rendimento nelle diverse materie. Infine, dal modo di spiegare un dato argomento, ci segnalava quale sarebbe stato l’oggetto del prossimo tema di italiano.
L’avrei visto bene come elemento chiave in un organismo di programmazione. Gli credevo al punto che, poco prima di salutarci alla fine della scuola, gli ho chiesto quale sarebbe stato il mio esito nella vita; il suo vaticinio, non banale, resterà tra noi. Ha fatto l’avvocato a Trieste, ch’io sappia con esiti professionali soddisfacenti, ma sono certo che in mano a lui i piani quinquennali sovietici avrebbero avuto ben altro esito. I nostri ricordi e il nostro contributo a un degno compagno si fermano al 1955, quando ci siamo lasciati, salvo i consueti sporadici incontri. Che qualcuno lo accompagni e lo conforti nell'al di là, secondo la tradizione classica che insieme abbiamo appreso. Mario Vigiak

Sono il figlio di Narciso Caluzzi. Ho visitato il vostro sito visto l'orgoglio e l'entusiasmo con cui mio padre mi parlava sempre degli anni trascorsi al Filzi, e dei suoi amici, con cui si era incontrato recentemente in occasione del raduno di Gorizia. Purtroppo devo comunicarVi che mio padre, è deceduto il 26 febbraio ultimo scorso, proprio il giorno del suo compleanno, lasciando un vuoto incolmabile nella mia vita ed in quella delle sue adorate nipotine. L'unica consolazione è che, in quanto credente, sono convinto che si sia finalmente ricongiunto con l'amore della sua vita, mia madre, scomparsa prematuramente 30 anni or sono, e mi piace immaginarli nuovamente felici, assieme. Scusate lo sfogo, ma ritenevo opportuno comunicarVi la situazione, anche per permetterVi l'aggiornamento degli elenchi.
Per quel che riguarda la sua vita "post Filzi", risulta difficile riassumere papà in breve. Posso solo dirvi che il lato professionale è stato caratterizzato da enormi soddisfazioni, a partire, subito dopo la laurea, dal suo primo lavoro nell'ufficio legale dell'allora nascente Lloyd Adriatico, nella scrivania "a fianco" del fondatore Ugo Irneri, per arrivare alla realizzazione del suo sogno, ovvero la "carriera" da solista quale brillante, appassionato, serio ed onesto avvocato (non sono solo miei pareri di parte!!!!!), conclusasi nel 1997 con il suo pensionamento, motivato proprio dalla caratteristica coerenza, purezza ed onestà morale, doti che non l'avevano mai abbandonato, che si scontravano con un ambiente che si stava significativamente deteriorando, amareggiandolo profondamente. L'ultima sera (venerdì scorso) era insolitamente sereno, con gli occhi limpidissimi e vispi, attento ma rilassato. Sembrava divertito dalle mie battute e contento del fatto che al sabato sarebbero arrivati a Trieste alcuni cugini da Pordenone cui lui era da sempre affezionato. Inoltre sapeva che all'indomani, sarei andato a trovarlo con tutta la famiglia (salvo la piccola Emma che non era ammessa nel reparto) e ne era contento. Giulia, sabato mattina, essendo il compleanno di "Nonno Ciso" voleva preparare un bel biglietto di auguri. Avevamo appena acceso il computer per prepararlo con qualche bella foto delle bambine, quando è arrivata "la telefonata". Qualcosa è andato storto? Si, il guerriero ha deciso di non combattere la battaglia più importante della sua vita, coerentemente con le sue convinzioni. Domenica mi è comparso in sogno, dicendomi che stava bene e che aveva ricominciato a studiare. Era serenissimo, ringiovanito, con il suo viso di sempre, circondato da tanti ragazzi, con due enormi libri in mano. Si era scusato per essere scappato, viste le sofferenze causate a me ed alle bambine, solo per questo avrebbe voluto tornare in dietro, ma non poteva. Mi ha spiegato che era troppo stanco per continuare a lottare. Alla fine si è girato, facendomi notare così la sua testa perfettamente rotonda, senza alcuna cicatrice, e se n'è andato, sorridente e circondato da amici. Non saprò mai se sia stata una sua visita o un semplice scherzo della mia mente, che lo vuole sereno e circondato d'affetto. Voglio credere che la prima ipotesi sia quella giusta. Alessandro Caluzzi

Sono dispiaciuto. Sincere condoglianze alla moglie sig.ra Licia e alla famiglia tutta. Nino (Nider)

Apprendo con dolore la notizia della scomparsa di Caluzzi, vecchio compagno di collegio e, come me, tifoso del Torino. Con Viverit e Ranzato frequentavo il ginnasio una classe dietro la vostra (di Caluzzi. di te, di Musco e del buon Maiazza), ma eravamo amici. Un ricordo e un addio. Livio Stefani

Caro Mario ho appreso della perdita del caro Narciso. Una persona squisita che ho avuto il piacere di conoscere nel raduno di Gorizia. Anche se io non ero dei tempi vostri, mi ha preso in simpatia, tanto è vero che in quei pochi giorni trascorsi al raduno mi cercava sempre. Mi associo a tutti voi per trasmettere le più sentite condoglianze al figlio. Ciao, Mulo Muletto Mule, Filzino di Civitavecchia

Grazie Mario per esser, come al solito, el distributor dele notizie, sia bele che brute, che riguarda i nostri muli. No so ti, ma mi me sento ciamà in causa perchè Ciso gaveva i mii stessi ani e el suo compleano xe un giorno prima del mio. Un mesto saludo anche da parte mia, Fiorenzo (Faraguna)

Amici, ho ricevuto da Mario la triste notizia che Ciso Caluzzi ci ha lasciati. Ringrazio Mario per averlo fatto e soprattutto per il bel ricordo di lui che ci ha donato. Anch'io ho qualche ricordo particolare di Ciso: siamo entrambi di Parenzo e abbiamo fatto almeno tre anni alle elementari assieme; io ricordo meglio l'anno della quarta, 1944-1945, e allego tre fotografie di quel periodo. La brava maestra ci preparava per il saggio annuale e una foto ci ritrae mentre lo facevamo. Ciso è il terzo nella fila più lontana: eravamo su quella che sembra una terrazza, ma erano i resti di una vecchia chiesa o edificio romano, adiacente la Basilica Eufrasiana. Poi ve ne sono due sulla riva di Parenzo: la seconda fotografia ritrae la scolaresca e Ciso è accucciato più avanti di tutti, il secondo da sinistra; la terza nella medesima occasione ritrae Ciso nella fila bassa, il quarto da sinistra. Di lui ricordo che - fortunato e invidiato - era proprietario di una barchetta tutta sua, un "gusso" (era proprio come un guscio di noce). Poi il vento della guerra ci ha soffiati via dal nostro bel paese e ci ha dispersi ed io ho perso di vista tutti i miei compagni, Ciso compreso. L'ho ritrovato a Gorizia nel 1950, quando lui ha iniziato il ginnasio e io, che avevo perso un anno a causa degli eventi che abbiamo patito (ero in un paesino alle pendici del Monte Baldo nel veronese, dove c'era una scuola con le sole prime quattro classi e non la quinta che avrei dovuto frequentare), con lui ho vissuto al Filzi fino a che ha terminato il liceo, nel 1955. Altro periodo di lontananza senza contatti, nel quale ognuno di noi ha vissuto la propria vita più o meno avventurosa e solo da pochi anni l'ho rincontrato, quando - per mia perseverante insistenza - l'ho sollecitato a partecipare alle riunioni annuali che la Fameia Parentina celebra in settembre per ricordare il patrono S. Mauro. Ecco alcune immagini che la mia memoria fa riaffiorare, ora con più malinconia di sempre. Ciao caro Amico, compagno di scuola negli anni verdi e gioiosi, compagno filzino negli anni della nostra formazione da grandicelli, compaesano di bei momenti di ricordi condivisi, tienimi un posto vicino a te, tanto prima dopo ci rincontreremo. Ciano (Fornasar)

Caro Mario, naturalmente noi triestini non sappiamo nulla, nemmeno dei nostri amici,nemmeno di quelli che ci sono stati sempre accanto. Io poi sono stato con lui dal collegio, anni 50 -56, all'università e durante il lavoro. Lui era allenatore della squadra di calcio di Giurisprudenza in cui mi faceva giocare o ala o attaccante di punta e mi ha fatto massacrare ai tornei inter-facoltà perché lo sapeva che c'era un terzino falcia gambe di un'altra facoltà, ma lui a dirmi solo "tu lo puoi tirare su di te e portalo fuori area mentre i nostri coprono il varco e vanno a rete". Già, ma il falciato ero sempre io e non abbiamo fatto tanti gol. Lui era un avvocato che si era scazzato del casino dei Tribunale. Fare tutto e male non gli andava giù. Tempi lunghi e sopportare autoritarismo del c... Ha scelto di fare benissimo una cosa sola! Si era specializzato in infortunistica stradale e non c'era chi ne sapesse quanto lui; gli tenevo testa solo io da assicuratore(avevo fatto il liquidatore di sinistri per anni e i primi anni noi assicuratori ne sapevamo più degli avvocati e dei giudic i...perché l'infortunistica era un settore vile, roba per ladri d'arance!). Mai contro di lui e lui sempre a cercare me per chiudere una pratica, Ciso era amico a modo suo, poche cazzate e molta sostanza. Ci siamo divertiti solo a giocare al pallone, quando a terra ci andavo solo io... Grazie Mario, grazie Ciso. Gianni (Maiani)

Sinceramente addolorato, sento la triste notizia. Ciso non c'è più. Ci si vedeva spesso al Cremcaffè di Primo Rovis (un'istituzione a Trieste), di cui divenne anche legale di fiducia, a parlare di calcio e di tutto. Data la sua esperienza legale era prezioso per molti consigli. L'ultima volta che l'ho sentito è stato per invitarlo al nostro incontro a S. Lorenzo presso Trieste, alla fine dello scorso anno, che accolse con fervore. Solo un paio di giorni prima di quel sabato mi disse: "Sono dispiaciuto, ma non sto bene e devo essere ricoverato in ospedale. Mi sarà di grande gioia se, qualcuno, durante il pranzo, mi vorrà salutare". Ripetei l'invito a Furio che lo chiamò (ho ancora il suo numero nel telefonino) e gli estese i saluti di noi tutti. Sentii la moglie qualche giorno dopo e non sembrava che la malattia lo avrebbe portato a questa triste fine. Sarò certamente, e non da solo, all'ultimo saluto. Franco Bertoli

Caro Mario bom dia! Dispiace sempre sapere che perdiamo un altro compagno del secolo passato ma conforta la simpatia del ricordo anche per chi non lo ha conosciuto. E' pena che noi del Filzi ci siamo ritrovati tardi e così perdiamo sempre più tochi ogni giorno che passa. Ciao e um grande abraço da una Monfalcone spazzata dalla bora; non me movo de casa, posso cascar! Giovanni Budicin, dal Portogallo

Ciao Mario, ferale notizia la tua! E pensare che anche poco tempo fa come al solito ci si fermava a chiacchierare per strada e lui non la finiva mai (‘sti avvocati). Qualche giorno fa poi mia moglie aveva incontrato la sua e le parole di rito erano sempre quelle: tutto bene, tutto bene. Tièh, il tutto bene! Basta che passi qualche giorno e vedi che ti capita. Leggendo il tuo scritto, mi sono venuti i brividi e non aggiungo altro. Buona giornata, per quanto possibile. Jose (Brodnik)


La scomparsa di Bon

L'istitutore Domenico Bon è mancato in ottobre 2010. A questo proposito me ga scritto Filippo Sinagra disendo: 'Incidentalmente in data odierna ho visto sulla Nuova Venezia un brevissimo trafiletto che parla della morte del noto studioso delle tradizioni giuliane Domenico Bon di anni 87'. A casa del nostro istitutor non ga risposto nissun, però Ciano Fornasar se ga informà: 'Amici, mi sono accertato della morte del Bon presso l'ufficio anagrafe di S. Donà, suo luogo di residenza, e mi hanno confermato il decesso, ma senza precisarmi la data, in quanto era ospite di una casa di riposo a S. Stino di Livenza'.
El xe vignù con entusiamo al raduno de Roma (1995) e de Grado (2003). Non molti mesi fa, prima del raduno de Gorizia, sono riussido a parlarghe: el iera a casa e no pareva che el fossi cussì mal. Evidentemente, dopo una zerta età, le robe pol precipitar. Tochemose le bale.
Così xe andà anche l'autore del corpus basilare del Dolce Stil Novo filzino, che da trasmissione orale se ga trasformà in prezioso documento scritto in duplice copia: quella che gavevo mi xe stada sequestrada dal stesso Bon, per fortuna Livio Stefani ga conservà la propria. Dalla sua successiva laurea, carriera e dal fatto che el vegna definido 'noto studioso delle tradizioni giuliane', se deduce che el Dolce Stil Novo era dovudo a rilassatezza nel rivolgerse a muleti con i quali el condivideva el dialetto, senza preoccuparse dela forma.
Nonostante el me gabbia cazzà in canton ore e ore, go un bel ricordo. In fondo, nomen omen, el iera bon. Mario Vigiak

Caro Mario ricevo con molta tristezza la notizia della scomparsa del nostro "Istitutor" Domenico Bon. Bon è nato a Caisole (oggi Beli), un paese nella parte Nord dell'Isola di Cherso chiamata "Tramontana". Quella meno antropizzata, molto impervia con boschi di leccio e grandi castagni, coste a strapiombo sul mare e in un passato recente anche senza strade. Vi si arrivava o con la barca o a dorso di mulo
Per me Bon rappresentava, all'epoca del Collegio, una figura famigliare in quanto nativo dell'isola da dove provenivo e provengo. I miei ricordi di Bon sono molto più nitidi rispetto alle altre figure di Istitutori: una figura un po’ rotonda che cerca di fare il severo senza riuscirci. Spero che in cielo lo abbiano accolto con "il fis'cio delle sirene e che anca i ga tirà le rachete con la scrita "Benvenuto caro Bon" Tutto rigorosamente all'ora di Caisole (Maldobria n XXXII - L'ora di Caisole). Un caro saluto, Graziano Stagni

Ave Muli!
Ave Muli del vecio Filzi
Una volta poveri e smilzi
Adesso tuti quasi boni,
anche grandi, ma anche panzoni!

Ve ricordè del vecio Bon
Del suo dolce “stil novo” ?
Siccome son burlon
Ecco cossa trovo.
Ve ricordè le famose frasi?
Le gavè dimenticade o quasi?
El diseva:
Non aprite parola!
Roba de prima classe
Per chi va ancora a scola.
“A te nessuno ti viene a cior!”
Ma non lo diseva col cuor.
“Non aprite parola”
lo ga dito quela volta sola.
“Tirate fuori le mani dalla scarsela!”
El gaveva sempre solo con quela.
“Guarda che per te si va male la baracca!”
e nessun capiva un’ acca.
“Manderò uno fuori e uno in cantone!”
La frase della solita canzone.
“Non vedi che hai la bottega averta!”
e tuti col muso in zo per la scoperta.
“Anch’ io ho un libro compagno!”
roba de pissarse e andar in bagno.
“Chi non ha coperte venga mecco!”
e qualchedun de rider restava secco.
“A chi parla gli do un fraco di botte!”
Qualchedun se le sognava de notte.
“Chiudete le spine!”
e tuti guardar le lampadine.
“le botteghe adesso sono serrate!”
e tuti a guardar in zo. . . e con  le zate. . .
“Ingrumate le vostre ossa e mettetele nel piatto!”
Finida la tragedia, e fine de questo atto .

Addio vecio Bon
Anche se el castigo
Iera per ti solo un canton.
Addio vecio mio
Bon istitutor!
E adesso con dolor
Te penso vizin a Dio.
Jose Brodnik

Ho appreso con enorme dispiacere la notizia della dipartita dell'istitutore Bon. Negli anni del "Filzi" in cui sono stato nella sua squadra ho avuto moti di risentimento nei suoi confronti, ma solo in quanto rappresentante dell' "oppressione del potere", non verso di lui come persona. Nel mio diario dell'ultimo anno, alla notizia del suo abbandono del "Filzi", scrissi – in tempi non sospetti, come si dice – che mi dispiaceva molto che se ne fosse andato. In fondo, lo riconosco, gli dovevo anche un po' (e forse più di un po') di affetto, nonostante la raccolta dei detti del suo Dolce Stil Novo. Comunque, era evidente che le sue scivolate in quei comici modi di dire erano dovuti all'abituale uso del dialetto. Ci scivolavamo anche noi tutti -  anzi "ghe sbrissavimo" – e può capitare ancora adesso. O no? Livio Stefani

Grazie dell'informazione della scomparsa del Bon che e` stato assieme al Viscovi e Gabrielli uno dei miei istitutori durante i miei tre anni al "Filzi" . Lo ricordo bene ed ho avuto l'occasione di parlare con lui al telefono per augurarli il "Buon Natale" nel 2007. Lo ricorderò come uno degli autori nella mia formazione giovanile. Le mie sentite condoglianze alla famiglia. Alfio Casaccia (Cassia)

Pur essendo un filzino degli anni 70, mi unisco all'affettuoso pensiero per Domenico. Che'l ne guardi de lassù, a noialtri che restemo in sta gabia de mati… Ciao, Massimo Mastrangelo

Me dispiasi proprio tanto sentir che Bon no se più con noi. Me lo ricordo al raduno de Grado (2005 e no 2003) e le feste che se semo fati mi e lui. Spero solo che nol gabi soferto e che el se ne sia andà in pase. Pian pian se xe sempre in meno. Un abrazo. Piero Migliorini

Perdite. Negli ultimi tempi sono mancati diversi compagni e la lista dei deceduti è aumentata sensibilmente. Di alcuni abbiamo avuto notizia da chi si teneva in rapporto con loro: Nino Aquilante, Giorgio Cresi, Stelio Manzoni, Giorgio Muzicek, Romano Nani, di altri lo abbiamo saputo a distanza di tempo, mentre cercavamo di metterci in contatto per la Caravella o per il raduno: Ruggero Bossi, Rinaldo De Dea, Oscar Del Bello, Franco Massarotto.

Qui sotto sono riportate alcune commemorazioni; dal numero delle tetimonianze risulta che Nino Aquilante è rimasto impresso a molti di noi, benché non ricordasse (o fingesse di non ricordare) nulla del Filzi. Chi è stato a Gorizia nei primi Cinquanta, lo rivedrà seduto su un banco di studio, mentre si esercita alla chitarra suonando la Malagueña Solerosa (al punto che la ne vegniva fora per le rece). Il testo è stato riportato tra le canzoni, così, chi vuole, la potrà canticchiare con le parole. In seguito Nino ha fatto l'architetto e l'insegnante a Milano, a ogni telefonata cadeva dalle nuvole, siamo riusciti a stanarlo una sola volta, negli anni '80, per una cena (con Dorini, Del Missier, Host, Vigiak), protrattasi fino alle tre di mattina. Negli ultimi tempi era malato, ma non voleva vedere nessuno, Dorini si teneva in contatto con la famiglia finché un nipote lo ha avvertito del decesso.

Caro Mario, ho appreso con dolore la notizia della dipartita anche dell'amico Musicek (non leggo molto spesso le e-mail). Ai vecchi tempi era un gran simpaticone, dalla faccia di impunito e un casinista di prima riga, che, se divertiva noi, era però spesso oggetto di castighi e "pali" lunghi e frequenti. Ci siamo conosciuti in prima media, nel lontano 1948, quando lui non era ancora un "filzino": infatti abitava a Grado e frequentava la scuola da esterno. Solo dopo alcune settimane ce lo ritrovammo in collegio con noi, ignari che fosse come noi un profugo, tanto che per un certo tempo continuammo a chiamarlo "il gradese".
Ma il suo vero soprannome fu per lungo tempo "Mustafà", perché così lo chiamava il bidello della scuola media di Grado, quando Musicek era ancora un esterno. Il bidello, Fernando, un napoletano sanguigno, sembrava che ce l'avesse con lui, e lo gratificava sempre di frasi violente di minaccia, chiamandolo, appunto, "Mustafà".
Ricordo che una volta Musicek ebbe la sfortuna di rompere un vetro a una finestra dell'aula, e Fernando lo ricoprì di improperi e di minacce, fino a che il povero Musicek scoppiò a piangere. Allora Fernando si acquietò, e lo consolò, ritirando ogni minaccia, dimostrando così che anche lui aveva un cuore.Scusa se ho tirato fuori questo ricordo, ma mi è sembrato opportuno rivolgere un pensiero anche a Musicek, che, come Aquilante e tanti altri, ha fatto parte per un po' della nostra vita. Ciao, Livio Stefani.

11.4. 2007. Vi informo che ieri ho presenziato al servizio funebre per Nino Aquilante, rappresentandovi idealmente tutti. Ho potuto parlare pochi minuti con i parenti (un fratello, dei nipoti) per avere qualche informazione sulla malattia che lo ha consumato. Lui è stato operato nell'autunno del 2005 (asportazione della vescica e di un rene), poi è stato un susseguirsi di alti e bassi, con diversi ricoveri in ospedale.
Saputo che erano anni che nessuno di noi, compagni del collegio, l'aveva incontrato, ci siamo chiesti del motivo di questo rifiuto categorico; loro stessi, non sanno darsi una risposta, avendo peraltro vissuto una situazione simile. Una nipote, però, ha formulato un'ipotesi, che potrebbe spiegare questo atteggiamento; Nino deve aver vissuto gli anni del Filzi con la sensazione di sentirsi quasi abbandonato dalla famiglia, essendo l'unico dei fratelli a viverne fuori, seppure per evidenti necessità; probabilmente aveva voluto estirpare quegli anni dalla memoria ed ha evitato con decisione qualsiasi occasione di rievocarli, come sarebbe inevitabilmente successo incontrando qualcuno di noi. E' una supposizione credibile, che purtroppo rimarrà tale. Cari saluti a tutti. Furio Dorini

Caro Furio, ti ringrazio per avermi comunicato di aver presenziato alle esequie di Nino. Per questo e per quanto ti sei interessato di lui prima ti sono veramente grato, perché credo che tu lo abbia fatto anche un poco per me, in quanto ti avevo detto e ridetto quanto mi sentivo legato a lui con i ricordi e quanto desideravo rivederlo e "recuperarlo " a noi.
L'ipotesi del suo isolamento, seppure verosimile, a me non torna troppo: lui era in campo profughi in Puglia, non so bene dove (non a Lecce dove invece viveva Cocozza Atelli) e mi raccontava di suo padre che - senza alcuna occupazione - passava il tempo (e forse contribuiva così al mantenimento della famiglia) andando a pescare e di lui mi raccontava i particolari come lo faceva, con quali attrezzi (togna e picio parangal visto che nol gaveva barca) e con quali tecniche "ferrava" le orate, alla cui cattura si dedicava in particolare.
Mi raccontava anche del fratello (non so se era l'unico, più vecchio di lui) che era emigrato in Canada e avevo avuto l'impressione che pensasse di raggiungerlo un giorno.
Tutti questi racconti mi davano allora l'idea di una famiglia legata, con lui - che forse perché era il più giovane - tenuto in collegio dato che così aveva l'opportunità (e non era il solo!) di vivere in un ambiente sano e con la possibilità di studiare: può darsi però che questo suo modo fosse solo una difesa e sia quindi verosimile l'ipotesi da te avanzata.
Come tu dici resta così, una ipotesi, per ora; ce la chiarirà quando ci incontreremo, ma intanto spero che trovi la pace che non ha avuto. Ciano Fornasar

Caro Mario, ho appreso con costernazione la notizia della scomparsa del caro Nino. Non ricordo di lui la Malagueña, forse perché aveva cominciato a suonarla quando io avevo già lasciato il "Filzi". Ricordo però che cantava spesso una canzone, che allora si sentiva spesso alla radio nell'interpretazione di Giorgio Consolini, "Non ti ricordi". Anzi, è da lui che l'avevo appresa.
Un altro ricordo, forse un po' banale, del nostro Aguilande Andonio (come lo chiamava il Pas'cipa) riguarda una disputa - amichevole, per carità - su chi fra lui e me avesse le cosce più grosse. Lui era più magro, agile, ma quando misurammo la circonferenza delle nostre cosce ci rendemmo conto che era uguale. Sono sciocchezzuole, bambinate, che però stranamente sono rimaste nella memoria, come Ryan, Briggs e Whitey Marsh. Come si dice, anche per lui "sit terra levis". Un abbraccio, Livio Stefani

Caro Luciano, con immenso dispiacere e dolore, ho appreso la triste notizia: Nino Aquilante non c'è più! Un amico e un compagno di "collegio" con il quale noi tutti abbiamo diviso momenti belli, momenti di gioia, momenti di fresca e spensierata gioventù.
Certamente, come tu hai accennato, ricordo il tempo della "chitarra" e delle cantate diurne e suonate notturne (o quasi) -"personale assistente permettendo" che, nel nostro piccolo, ci consentivano di passare momenti felici e spensierati.
La chitarra, ormai quasi inservibile, monca nella sua tastiera, rimane tuttora tra i miei strumenti preferiti, e ogni qualvolta la rivedo o la prendo tra le mani, mi riporta ai tempi passati e risveglia in me i ricordi di quel bellissimo periodo trascorso assieme e la forte amicizia che ci legava (e che credo e spero ci unisca ancora).
Rammento ancora con grande affetto i momenti e la gioia che provavamo assieme quando, sforzando di passarci l'un l'altro i segreti del suonare, del cantare, dell'accompagnare le nostre canzoni e, perché no, "dell'apprendere le nozioni basilari nell'uso e per l'uso dello strumento stesso" accompagnavamo i nostri canti, le nostre serenate (a chi, poi? Forse agli stessi Istitutori, per acquisire meriti e/o permessi particolari.
Ricordo, ad esempio pomeriggi interi che, autorizzato,andavo praticamente in "Libera Uscita" per frequentare l'Istituto di Musica in città e per rientrare, più o meno, all'ora di cena. Ricordo ancora la canzone regina, propria di Nino, la sua Malagueña, e quanto, con lui, l'abbiamo cantata e vocalizzata: era ed è una canzone straordinaria ed indimenticabile per noi "filzini". Con queste mie modeste parole, senza dimenticare il tempo del nostro lungo stare assieme, voglio ricordare e commemorare con grande affetto il nostro amico Nino, certo che Egli, anche da Lassù, continuerà a esserci vicino e condividerà con noi il ricordo del tempo trascorso a Gorizia nella nostra passata, ma sempre giovane età. Umberto Perini

Nino (Antonio) Aquilante, rovignese che ricordava spesso lo speciale modo di cantare del suo paese (le bitinade), è stato mio compagno di collegio per otto anni, abbiamo fatto assieme le tre medie ed in terza a GO eravamo assieme in banco (il primo, nella fila di mezzo).
Lui poi ha fatto il liceo scientifico (con Canevari, Bebo Moro, Schira, Flavio, Eddy, Zacchei, Buttolo, Giordani ed altri) ma eravamo rimasti molto attaccati anche assieme a Tullio, tanto è che mi potete vedere in alcune foto con la loro scolaresca, pur essendo io un "saltafossi". Nel primo anno delle superiori avevamo avuto il medesimo Professore di matematica (Marostica), che ci faceva fare il compito in classe nello stesso giorno, loro per primi e noi geometri subito nell'ora seguente, ma il Prof viaggiava rapido in bicicletta e non ci dava il tempo di passarci utili informazioni (al tempo i cellulari scarseggiavano tra noi).
Poi, finito il liceo, Nino aveva iniziato l'università a Trieste, ospite della Casa dello Studente di Via Crispi, a qualche centinaio di metri da dove abitavo, per cui era continuato per un poco e quanto possibile il nostro sodalizio.
Nino -come tanti ricordano - era molto versato per l'atletica e ricorderete che in colonia a Sappada saliva rapido al vertice della "piramide umana" e sventolava una bandierina; era anche un abile giocatore di calcio, gareggiava per il suo liceo nei campionati studenteschi di atletica leggera, ed infine faceva parte della gloriosa squadra di pallavolo diretta dal Martini.
Era anche appassionato menestrello - come ha ricordato simpaticamente Mario - ed una delle canzoni in voga da lui suonata era appunto la "Malaghegna"; era canzone molto "sonada e cantada" con accompagnamento di chitarra da Nino, tanto che aveva contagiato alcuni di noi (io tra questi) e stancato molti (Mario tra loro).
La chitarra era una famosa Mozzani di proprietà di Orso Perini; solo dopo ho saputo che era uno strumento d'autore e di pregio. Forse ricorderete che con quella chitarra Orso ci deliziava (prima squadra nel 54-55) al sabato in camerata (lui era nella fila sul lato esterno, verso la fatidica campana) quando andavamo a letto, al quasi buio, per un poco fino a che il Martini lo consentiva, suonandola disteso e con essa sulla pancia: allora ero molto invidioso, perché anch'io avevo iniziato a strimpellare, sempre su quel gioiello di strumento (che aveva le tre corde maggiori con l'anima di seta!) …ma con risultati ben diversi.
Siccome Mario vi ha trasmesso assieme alla triste notizia anche il testo italiano della famigerata "malaghegna" (allora così la scrivevamo), vi allego il testo originale tratto dal disco a 45 giri che conservo da tanto tempo, proprio per il particolare ricordo che suscita in me rispetto a Nino ed a quel tempo; per di più a testimoniare che il ritmo e lo spirito sudamericano aveva contagiato non solo me, vi trasmetto una fotografia con Tullio (dopo è diventato architetto e persona seria).
Scusate le amenità nel ricordare l'amico ora scomparso, ma questi sono alcuni dei tanti ricordi che ho di lui, privilegiati rispetto a quelli di altri compagni pur buoni, e mi pare che questi siano quelli da conservare per un caro amico col quale si siano condivisi tanti anni di vita in comune, diventata amicizia, e tanti momenti particolari che non posso dimenticare.
Sono certo che altri di voi avranno tanti, bei ricordi importanti di lui; questi miei sono i primi che mi sono venuti alla mente, nella confusione di tanti altri e nella commozione che gli devo e che mi perdonerete.
Pasqua che sta arrivando ci porti comunque serenità e consolazione: siamo fortunati, anche se ora addolorati, per avuto ed avere ancora tanti amici. Ciano Fornasar

Scrivo da Londra: dispiaciutissimo della morte di Aquilante che era in ottimo atleta e contorsionista. Gradirei sapere dove risiedeva ed altre sue notizie circa il lavoro la famiglia etc. etc. Prego augurare a tutti i miei migliori auguri di Buona Pasqua, ed ovviamente le condoglianze ai famigliari di Aquilante. Filippo Sinagra

Cari Compagni, mi è tanto dispiaciuto della scomparsa di Nino Aquilante. Un grande amico mio e di tutti durante il nostro tempo al Filzi. Eravamo nella stessa squadra prima con l'istitutore Viscovi, poi con il Gabrielli ed il Bon. Frequentammo le scuole medie e finite queste dato che intendevo di frequentare il Nautico fui trasferito a Trieste alla "Repubblica dei ragazzi." Nino era un bravo atleta e ricordo quando facevamo le gare a camminare, con le mani, stando in posizione verticale. Le tante partite di calcio sul banco con i giocatori a quadretti di cartone, le partite di palla canestro e palla a volo e le risate ed i salti che facevamo quando si giocava a "zucchero e caffè. Mi dispiace di non aver avuto più un contatto con lui che mi avrebbe fatto tanto piacere. Sentite condoglianze alla sua famiglia. Tanti auguri di Buona Pasqua e tanta salute a tutti voi e le vostre famiglie! Saluti, Alfio Casaccia (Al Cassia)

Mi dispiace veramente. E' stato anche in banco con me ed era uno che nella combriccola indubbiamente risaltava. Pietro Migliorini

Ciao, x prima cosa buona e serena pasqua. Dopo se fate le condoglianze ai parenti di Aquilante associate i miei. Ho sentito sempre parlare di lui anche se non lo conoscevo, mi pare ke era un tipo particolare. Comunque vi sono sempre vicina e vi voglio un sacco di bene. Carmen De Francesco (moglie di Umberto Giordani)

Sono tanto dispiaciuto per la dipartita di Aquilante con il quale avevo trascorso otto anni di collegio. Ricambio gli auguri di Buona Pasqua a voi tutti e ai vostri cari. Carlo Vani

Lo ho conosciuto per poco tempo, ma ricordo che era gentile, discreto eserio. Ai suoi cari le mie condoglianze più sentite, con la speranza che il tempo lenisca il dolore. Sergio Visintini

In esclusiva. Ne La Caravella numero 2 (che poi è la numero 5 in cinquant'anni, ostrega che frequenza) il Peck Dorini racconta dell'appuntamento che si è dato a Bolzano un nutrito gruppo di filzini, per andare a trovare Sergio Visintini. Vigiak ha raggiunto Fornasar a Belluno e i due hanno proseguito insieme. Tola Lazarevich con Viviana hanno leggermente deviato: erano sulla via di Merano per una breve vacanza, in realtà per andare a salutare la mamma, sepolta lì. Dorini e Tarticchio hanno iniziato una Strafexpedition, della quale Bolzano era la prima tappa. Canevari e la Bruna, che stanno a Padova, ne hanno approfittato per salutare i cugini bolzanini, Fornaretto e Moderini abitano già a Bolzano. Nel pomeriggio, si è verificata la convergenza. L'evento, e l'affettuosa accoglienza di Marlisa e Augusto, rispettivamente moglie e figlio di Sergio, sono stati messi in versi da Mirko Dreck, il famoso Vate della nostra giovinezza, cantore delle gesta del maresciallo Tito (jala ziera di limone ci gaveva Josip Broz) e studioso dell'etimo di Tergestum-Trieste (e con man verta su brazzo per tre volte ga batù). Di questo poemetto siamo riusciti ad accapararci l'esclusiva.

Mi je Mirko che vi conto
di velika spedizione
fata da delegazione
di filzini in Sud Tirol.

Mi son 'ndado su a Biluno
dove Fornasar fa busi,
tunnel, dighe e cessi sfusi,
e in suo auto son montà.

Da Milano col Tarticchio,
quel che scrivi e anca pitura
tambascando a dismisura,
xe partido el mulo Peck.

Po' da Genova con baba,
dove vivi galegiando,
se ga mosso acelerando
Tola in glava un po' spelà.

In da Padova in fratempo,
co' la Bruna de comando,
Canevari in pien vogando
verso nord se ga sburtà.

Xe rivai tuti a Bolzano
convegnudi da ogni dove,
per fortuna che no piove,
no xe baschi per klabuk.

In quel posto mezo cruco,
Fornaretto, Moderini
e po' Sergio Visintini
i ga ciavi di zità.

Ala fin ne ga ospitado
Visintini tuti quanti
el ne ga tratà coi guanti
e Marlisa drio di lu.

I ne ga conzà lecornie
sostegnui dal fio Augusto:
una zena 'ssai de gusto
dopo un ljepo marendin.

Gran jebenti mi ga dito
'ssai me xe vignuda spizza
che no iera plieskavizza
né luganighe col kren.

Ben bon questo no fa niente:
co la panza tuti piena,
ciacolando dopo zena
nostalgie ne xe vignù.

Zò stagnini e spelafili,
plozze, ciche, ingruma i ossi,
mule late, Santo Rossi
che se cala col linziol.

Pasegiade per Savogna,
don Maffeo, la baba zota
con el dito nela iota,
meti Vigiak in canton.

E po' el Pope Cassetina,
la campana coi rintochi,
el Leghissa in mezo ai gnochi,
Orso che ne fa Sciopèn.

Tulzo, Zele, Bon, Martini,
grande stura dei ricordi,
due de lori iera sordi,
tuto quanto i ga sentì.

Po co xe vignuda note
semo infine ripartidi
saludandose incandidi
per el vin e l'emozion
.

Lodevole iniziativa. Una delle positive conseguenze del raduno di Grado è che molti legami si sono riannodati. Furio Peck Dorini ha rintracciato Marcello Picio Viverit e Nini Host, con i quali avevamo perso i contatti; con Marcello da tempo immemorabile, con Nini dopo gli anni Ottanta. Entrambi abitano a Milano.
E poi è stato organizzato un pranzo di Natale a Settimo Milanese. L'incontro è testimoniato da un prezioso documento: il menù con le firme dei partecipanti, che sono Franco e Lida Barillari, Flavio Angelino Coss, Claudio Sozio Del Missier e Signora, Furio Fritola Dorini (è sempre lui) con Agata, Santo Rossi, Livio Stefani, Arno Rusich, Corrado Taio e Signora, Piero e Pinuccia Tarticchio, l'istitutore Viscovi.
In calce al menù, campeggiava il classico monito che ormai tutti i filzini trasmettono a figli e nipoti: "... e alla fine del pranzo, ricordatevi di ingrumare le vostre ossa e metterle nel piatto!"
Sarebbe commendevole se altri seguissero l'esempio, organizzando or quinci or quindi incontri con compagni geograficamente vicini, per tener caldi i sentimenti in vista di un futuro, nuovo raduno generale.

Triste. Ai primi di luglio, proprio mentre lo cercavamo per invitarlo al raduno, è mancato l'istitutore Tullio Martini. Peccato non averlo incontrato un ultima volta: era di quelli buoni. Puniva solo se costretto e, se incontrava qualcuno fuori del collegio non legittimato, faceva finta di niente. Ne sa qualcosa Santo Quebò? Rossi. E' stato un ottimo allenatore per la squadra di pallavolo. Come dice il poeta "che la terra gli sia lieve".

Soddisfazioni. Sappiamo che Piero Tarticchio ha scritto e pubblicato libri, la novità è che "Nascinguerra", uscito presso Baldini e Castoldi, ha vinto il Premio letterario nazionale "Città di Arona 2005" intitolato a Gian Vincenzo Omodei Zorini. Il commento del critico: "...Dal punto di vista strettamente letterario, Piero Tarticchio in quest'opera dimostra di avere tutte le carte in regola per poter essere definito grande scrittore. La narrazione è chiara, scorrevole e avvincente, punteggiata qua e là di ricordi e massime. Ovviamente i luoghi dell'infanzia istriana (nomi di per sé fascinosi) e certe espressioni dialettali si colorano di nostalgica poesia. Si capisce che il cuore dell'autore pulsa sempre per quei luoghi e per quei momenti della sua infanzia da sogno. Ma il dono più grande è nella dedica del libro "... a tutti gli istriani / che hanno la loro terra / nel cuore e nell'anima".
Carmelo Ciccia, da "Il Gazzettino della Dante Alighieri"
Ma il nostro Piero è infaticabile: a breve uscirà il suo nuovo libro di "Storia di un gatto profugo". Un originale pretesto per raccontare, da un altro punto di vista, il dramma degli istriani.