Annali

Latine loqui.
Nell'introduzione del capitolo 'Storia', ci sono quattro versi. Si tratta della parte finale dell'encomiabile opera in latino maccheronico di Jose Brodnik e Dodo Faraguna. Dopo l'apertura del sito, Jose ha mandato una versione più ampia, mentre il solito Livio Stefani, che deve aver conservato il Filzi in dieci classificatori, ha mandato una sua versione. Tra le due ci sono lievi discordanze ma, soprattutto, appaiono alcune incongruenze. Dunque la versione che di seguito pubblichiamo è stata leggermente aggiustata, per far tornare la logica e le rime, che qua e là in qualche verso la memoria ha disgregato.

Hoc est trenum ex Goritia
plenum est omnium laetitia,
allievorum Filzi collegi,
qui eas domus sunt redientes,
ergo maxime gaudentes,
et infiaschiansi vicis egregi.
Ave Tulzus, Rigolettus,
Flobambusque maledettus,
Ave Lokar alias Cicillus,
Ciccius, mammus et mandrillus.
Ave Nina floppa vera
nostra bona cameriera.
ave antiqua autocorriera
cui salita erat nera
aliquando non filanda
omnis populo sburtanda.
Ave libri et quaderni
rompiscatolas sempiterni.
Ave faseolis gassatis,
qui cameratas impestabatis,
toto anno vos edidimus
et nunc pleni longe ibimus.
Ave palum nostrae bandierae
ubi nos nostrae preghierae,
mane et sera dicebamus
dum in cor bestemmiabamus.
Ave Pope cassettina
qui in mancanza di benzina
nobis praedicam fecisti
ad benzina agere aquisti.
Ave lectum benedictum
qui nostrum corpus derelictum
omnia vespera accipiebis
ubi in nocte ego spavabam
(aliquando masturbiebis)
et mea cura omnia laxabam.
Ave tandem omni collegio
rompiscatolas egregio,
te saluto et tibi facio
gestum classicum cum bracio.

Motti celebri
Vigiak va in cantone (detto popolare tra gli istitutori)
Iniak va in cantone (lo stesso detto in versione Zele)
Bambine, abbassate gli occhi ché passa la tentazione (le suore Orsoline alle loro ragazze quando incrociavano gli allievi del Filzi)
Muli, se sté boni, adesso el Sozio ve farà la verticale (minaccia che Del Missier realizzava ogni sera in camerata, prima di dormire, con esiti in genere deludenti)
Oggi si va in passeggiata a Savogna (l’angosciosa minaccia della domenica)
Durante la distribuzione dei sacchetti con la biancheria pulita, ponevamo particolare attenzione ai numeri che finivano per uno e otto, perché alcuni istitutori scandivano: diciaoto, novantauno, settantaoto…

I motti dell’istitutore Domenico Bon erano stati raccolti in un corposo quaderno intitolato ‘Il dolce Stil Novo’, malauguratamente sequestrato dallo stesso Bon; credevamo di aver perduto perle linguistiche inestimabili, ma fortunatamente Marcello Viverit e Livio Stefani ne avevano fatto una copia, che quest'ultimo ci ha inviato.

Il dolce Stil Novo
tramandato da Domenico Bon

Chi non ha coperte venga con meco…
Chi ha spanto l’acqua?
Ecco il diario: lo fodri…
A te nessuno ti viene a ciore?
Ma ti sei bello, sì, ma non fare il macaco! (detto ad Atelli che tardava a mettersi in fila per aggiustarsi i capelli con l’onda)
Oggi a quattro ore si va a giocare a pallone.
Non aprite parola!
Chi è quel deficiente che si patina le scarpe sotto la siola col lucido?
Chi ha da portare le braghette di sopra?
Tirate fuori le mani dalla scarsella … (detto durante una passeggiata invernale in divisa, quando cercavamo di ripararci un po’ dal freddo)
Chi sono quei due molluschi?
Guarda che per te si va male la baracca!
Chi credi di prendere per il fiocco?
Vai fora!! (detto varie volte a chi faceva casino per cacciarlo fuori dallo studio)
Portate su le mudandine… (con la D!)
Vai in castigo per una ora!
Manderò uno fuori e uno in cantone!
Guarda che ti lascio uno stampo sul muso…
Vai donde vieni!
Se non fate silenzio non vi facerò andare avanti…
E tu hai incartato i libri?
Ieri sera a studio chi ha mangiato pistacchie?
Chiudi bene le lastre…
E guarda a io, nà! (Mostrando i propri calzoni a qualcuno che protestava perché quelli della divisa erano larghi)
Alzatele, le sedie, non strascinatele!
Non vedi che hai la bottega averta?
Non state gridare!
Ridi, ridi, che ne hai ben donde!
Andate a piano!
Non sedetevi sul copriletto perché se no rimane tutto schizzato…
Guarda che ti do una sberla per il muso!
A chi parla gli do un fracco di botte…
Attraversate la strada; cosa aspettate che qualche macchina vada sotto a qualcheduno…
Vai a posto e non farti beccare più!
Come mai non hai il picarino?
Vara che ti sono cascati i guanti.
Càvati la maglia intanto.
Il tappo l’hanno fraccato un po’ troppo.
Chi vuole un tocco di carta per incartare i libri?
Fate svelto a mettere fora i libri dall’armadio.
Ongi bene il ballone…
Chi xe andato giù, solo tu?
Ti puoi sentarti, tu…
Hai ancora l’astico?
Tàcalo bene…
Chiudete le spine!
Adesso gli mollo una sberla!
Ma guarda che ti do una rovesciata, eh!
Anch’io ho un libro compagno.
Ancora una parola poi svoli fuori!
Io invece strucco il bottone…
La preghiera, o se la fa o non se la fa, ma se la fa bene…
Io mi secca…
Hai rotto il lampione…
Puoi impizzare una candela a San Biagio.
Tenete inamente che…
Io mi tocca rimproverarti.
Tu sei l’ultima scovazza del collegio!
Le palle le proibisco assolutamente di giocare!
Non stariamo mica ad aspettare mezza ora i ultimi…
Andate a sentarvi davanti.
Chi ha ditto mona?
Chi ha da andare in armadio?
Sono serrate adesso le botteghe…
Bisogna cavare prima le matite di tasca.
Ingrumate le vostre ossa e mettetele nel piatto! (dopo una distribuzione straordinaria di datteri)
Glielo salvi il caffè per il pranzo (detto a una delle cameriere a proposito di qualcuno che non aveva voluto o potuto fare colazione)
Non state a sparlare male del collegio.
Ogniduno deve pensare ai fatti suoi…
Lasciate stare quei due letti, ché tanto non intrigano…
Tirate su le traverse che sono per terra.
Fate svelto, se no la corriera vi scamperà.
Chi ha striccato qui?
Tu sta’ lì in pìe.
Non ho mai visto roba compagna.
…come i leoni quando ruggono.
Sbrissa, sbrissa, tu…
A studio non si tengono le brache.
Che vai a zercare durante lo studio?
Non appoggiatevi perché cricca.
Cosa sei andato a fare in tabacchino?
Indrìo, indrìo…
Quattro ne mancano, signorina, i vegnarà dopo…
Vi metterò in castigo perché parlavate in lavatoio.
Mica vi guardo la guardia io…
Sembri un musicista così dispettinato e con quei fogli sotto scaio…
Mettete via quel pallone; volete rompere un’altra volta la luce?
Metti il basco sbandato a destra.
Io gli dico di lavarsi le ‘recie, e lui mi risponde “ma sì, ma dài”.
Va in castigo sopra quel buco coperto dalla latta. (Un tombino in cortile)
Sforza, sforza ché ti si slarga.
Va sulla piattaforma. (lo stesso tombino di prima)
Se ti beccano, ti fraccano in castigo.
Vi mollano bidone…
A me non mi piace lo strudel di puina.
Sia lungi da te questo pensiero!
Avanti, lascia stare quegli arnesi! (Erano le posate)
Non giocare con la forchetta e col pirone!
E se qualcheduno vuole fare il furbo, salterà fuori!
Io sono più intelligente di quello che credete.
Ti mollo un pattone!!!
Grattale bene!
Avete sentito strillare il campanello?
In tel stanzino di là…
Non voglio veder nessuno fuori del studio.
Quando ti si conficcherà in testa che non si…
Perché vi misciate?
Nianca un poco…
Ti mollo una schiaffa!
Queste robe le dirai a tuo nono…
Ogniduno ha da svagarsi…
’Ara che starai in castigo!
Dei scemi…
Ha smaccato il libro.
Dove sono ché andemo… (Riguardo certi ritardatari)
Ocio, ocio, sta attento!
Ho dovuto bazzacare molto per castigarli.
Togliti le tasche dalle mani!
Chi vuole andare in ciesa?
Fra un quarto d’ora dovete essere pronti: braghe, scarpe e tuto.
Chi ha fatto la puzza?
Tirate fuora i libri.
Hai riduto tu?
Di chi è questa papuzza?
Fianco sinist’, fianc!
Ma cosa, ma cosa c’è da ridere!? Vai fora!! Fora!!
Cosa xe quella roba?
Te ga finido de parlare, si o no?
Ma insomma, ti la vuol capire, sì o no?
Ocio che passo!
Ehi, non state spiegazzare il basco ché lo schizzate!
Voi l’aveste archiviate ed è rimasta fino poco tempo prima.
Fa molta spiuma il shampoo?
Vatti a dare una lustrada!
Fatti imprestare un paio di scarpe dal saso (indicando una pietra a uno che non trovava le proprie scarpe)
Metti sotto quella carne! (Detto a uno che a letto teneva una gamba fuori dalle coperte)
Ma io vi giuro che prendo una britola e rompo il balone!
Chi ha detto brutte parole? Vatti a fare… e una brutta roba poi?
Presto imparerai a repezzare le calze.
Potresti rompere le bardorelle (detto a uno che saltava sul letto)
Qui dove non ci sono nianca un albero…
Dov’è la mia intimella?
Quando intendo dire una volta, intendo dire!
Mettete bene ché se no si mastruzza.
In per le scale non si parla!
Imparatevelo adesso, inzucchitevelo!!
Sul ripostiglio delle scarpe state zitti!
Bisogna bazilare qualcheduno che si arrabbi!
Ti sburto indietro…
Voglio che driti in fila andate e si vadi avanti.
Obbrobrio delle genti!
Quando vi viene una cosa subito dev’essere fata.
Salti fora!!
È tua quella zavatta?
Uno si comincia a sedere…
C’era un atlante incartato, fodrato in carta blè…
Voglio che si faccia silenzio per corridoio.
Lungi da quella finestra!


Il dolce Stil Novo
tramandato da Zele

Non sputare sul saliso
Ma io iero lì per mezz’ora…
Lo so, lo so, mi ganno già ditto!
Perché non magni il pane?
Io ho dato a ottobre due esami e mezzo.
Nessuno non voglio che mi venga a seccare… più!
Mandi a riprendere…e… di là ’a cattedra. (era in realtà una pedana)
Chi vinze?
Questo mi è stato detto a me…
Mettiti in piedi davanti al corridoio
Nell’atrio del gabinetto…
Ingruma dal tavolo le fregole!
Verrà aggiustato con un tampagno di legno…

Ce n’erano ancora una trentina, ma non molto significative, oppure semplici varianti delle frasi riportate.

La Caravella
Le gesta del Filzi sono state cantate in tre numeri del giornale La Caravella, di cui due pubblicati in collegio, con il particolare impegno di Fiorenzo Faraguna e Piero Tarticchio, e uno postumo, a cura di Ennio Tubo Milanese, vittima di una botta di nostalgia. Il primo numero sembra perduto, mentre riproduciamo il secondo uscito alla fine dell'anno scolastico 1953-1954 con il titolo "30 maggio Caravellissimo", speciale di fine anno. D questo riportiamo due pezzi significativi (se qualcuno ci spedisce gli altri articoli in Word, li integreremo; se poi trovasse anche il numero Uno riceverebbe la speciale Benedizione Tulziana).

Destinazione Savogna
La squadra si mosse.

Unò, duè, unò duè, unò, duè -. Marciavamo in silenzio, muti, raccolti, attenti al più piccolo rumore. Nessuno sapeva dove andavamo e sull'intera squadra c'era quel senso d'oppressione, quasi di presagio funesto, che assale gli uomini quando vanno verso l'ignoto. Tutti cercavano di pensare ad altro, ma nella mente di ognuno erano confitti come chiodi gli angosciosi interrogativi: dove? Perché? Qualcuno cercava di consolarsi pensando che era inutile tentar di capire gli ordini dei superiori e che, siccome sbattere la testa contro il muro era del tutto inutile, meglio era obbedire e pensare ad altro. E allora si sforzava di pensare a qualche ora prima, quando se ne stava ancora tranquillo e ignaro scherzando con i compagni sotto il vecchio platano. Intanto la squadra marciava sul suolo bagnato e fangoso e andava sempre più avanti, verso la sua destinazione, verso l'ignoto…

"Unò, duè, unò duè, unò, duè".

La voce monotona scandiva a intyervalli regolari il comando che regolava la marcia, ma che non poteva regolare il battere furioso dei nostri cuori. Un gatto nero attraversò la strada. Pochi di noi erano superstiziosi, o almeno ammettevano di esserlo, tuttavia anche molti altri, di quelli cioè che delle superstizioni se ne ridono, ebbero un fremito a quella vista. "Passo!" Il comando giunse secco e inaspettato, tutti sussultarono e diversi sbagliarono. Si sentì il crepitio delle suole che battevano il passo una dopo l'altra e sembrò il crepitio di una mitragliatrice, ma si sentì anche e ben distinto un "Cretini!" che ci indusse a riprendere il passo con la massima rapidità. Nessuno aveva voglia di rifiatare o di brontolare, cosa questa che normalmente sarebbe accaduta senz'altro. Camminavamo così, un passo dietro l'altro, automi, senza aver il coraggio di parlare, con quegli interrogativi tormentosi chiusi nel cuore. Un povero illuso, non resistendo più nell'incertezza angosciosa, si azzardò a domandare; "Dove siamo diretti?" "Aspetta e vedrai!" fu la secca risposta, talché il povero illuso sembrò rimpicciolire vieppiù (e sì che era piccolo, uno dei più piccoli della squadra) tanto si rannicchiò in se stesso. "Per fila dest-march!" Un terribile sospetto attraversò come un fulmine i nostri cervelli: e se… no! Non era possibile, non avevamo il coraggio nemmeno di enunciarlo, quel sospetto terribile. E intanto marciavamo nel fango, nelle pozzanghere della stradaccia irregolare e senza fine.

II
Nell'ampia e ridente vallata dell'Isonzo, a meno di otto chilometri a sud di Gorizia, si stende un ameno paesetto, chiamato Savogna. Questo paesetto è collegato a Gorizia per mezzo di un servizio automobilistico, che viene disimpegnato da una vecchia baracca di forme antidiluviane che va sotto il pomposo nome di autobus della ditta "Ing. F. Ribi & C. - Gorizia". Ma nonostante questa parvenza di modernità, Savogna è rimasta in tutto e per tutto il paesetto agreste tal quale era sorto nell'anno di grazia 1671.

Poco, anzi quasi niente è cambiato da allora a oggi: è stata costruita qualche nuova casa e qualche nuova stalla per far fronte ai bisogni dell'aumentata popolazione. Non si creda tuttavia che queste nuove case o stalle abbiano usufruito dei progressi della moderna tecnica edilizia: i buoni paesani si sono attenuti fedelmente alle vecchie regole alle quali si erano attenuti i loro avi. E neppure per quel che riguarda la mentalità degli abitanti ci sono stati notevoli progressi, per cui possiamo ben dire che Savogna non ha ceduto alle lusinghe della modernità, conservando uno spirito prettamente campagnolo e retrogrado come si può trovare solamente nei paesetti di montagna, nei quali la posta viene recapitata una volta alla settimana (e non sempre a dorso di mulo). Anzi dirò che a questo spirito campagnolo danno valido contributo le vacche muggenti al pascolo sui verdi prati, la scontrosità e la particolare durezza mentale degli abitanti, il non possedere strade asfaltate, ma tutt'al più piste camionabili (almeno in teoria) e soprattutto i mucchi di letame posti al fianco di ogni casa, che danno un tono particolare all'effluvio agreste che da esse si spande attorno per un raggio di vari chilometri.

Cosicché quando fu dato l'alt e fu aperto il plico sigillato che conteneva le istruzioni, sul quale era scritto:
DESTINAZIONE SAVOGNA
tutta la squadra, come colpita da un fulmine, cadde a terra svenuta.

Fiorenzo Faraguna

Biografie Celebri: Condor
Nacque sulle Ande in una gelida notte di vento, da genitori naturalizzati, ma oriundi scozzesi. Un turbine lo rapì al nido di mamma Condor ed egli rimbalzò di roccia in roccia sino al piano. Non potendo levarsi in volo a causa del vento, si travestì da capra e fece così un rapido ritorno. Era l'ultimo di Carnevale! Da quella notte, ogni anniversario, il grande Condor si traveste e compie eroiche imprese notturne.
Poiché buon sangue non mente, ebbe insito fin dalla fanciullezza il senso del risparmio. Quando non aveva ancora raggiunta l'età della ragione, entrò in collegio, dove tosto entrò in lizza con Mac Spigles (al secolo Italo Gelci) per il primato di tirchieria. Nonostante la classe superiore dell'avversario, riuscì a mettere in mostra le sue non indifferenti qualità.
A questi successi interni, aggiungeva epiche imprese notturne. La sua modestia, però, gli impediva di vantarsi, cosicché, se non fosse stato per la provvidenza divina, tali gesta sarebbero rimaste ignorate. Solo nella quiete del focolare domestico egli metteva a nudo il proprio animo eroico, là dove nessuno avrebbe potuto dubitare dell'autenticità delle portentose imprese.
Ancor giovane, pubblicò un opuscolo "Metodo pratico per utilizzare la carogna di un animale" in cui, con elevatezza di sentimenti, valendosi della propria esperienza di rapace, elencava ciò che si poteva fare di una carogna e cioè: mangiarne la carne dopo aver fatto squagliare il grasso per fare candele, che costano 30 lire l'una, ricavare dal sangue albumina che raggiunge un notevole prezzo sul mercato, ricavare becco o denti e unghie per ritagliare oggetti ornamentali vendibili, vendere le interiora come cibo per maiali eccetera. In seguito i suoi libri costituirono una serie di successi "Come viaggiare in treno, autobus, tram senza pagare biglietto" - "Come si compera un paio di lacci a 20 lire e lo si vende a 40" - "Cento modi pratici per risparmiare 4/5 della propria paga mensile".
Uno di questi modi è non lavarsi i denti, perché il dentifricio costa ben 200 lire il tubetto (ogni riferimento alla fanciullezza di Ennio Milanese deve considerarsi casuale). E non c'è nemmeno paura di microbi poiché costoro, dato l'odore che emana dalla bocca, si tengono lontani. Questo fu il punto basilare della sua regola di vita.
Fu perciò che dopo la sua morte, avvenuta tra il compianto di tutti i tirchi del mondo, sulla sua tomba apparve il cartello "zona infetta da Afta Epizootica2. In Scozia e Palestina sorsero ovunque suoi monumenti. E ancor oggi, sulle vergini vette delle Ande, quando cade il crepuscolo e il sole indora coi raggi morenti le vette purpuree, i condor scendono con ampie volute dai loro nidi e raccontano ai loro piccoli la storia del più grande di tutti: Condor l'Eroe del Carnevale.
Testo redatto all'epoca da Mario Vigiak. Condor era in realtà De Grassi, studente del classico, erroneamente confuso con Aquilio De Grassi, studente di ragioneria a Gorizia. Le allusioni satiriche, alcune evidenti, altre dopo tanti anni difficilmente percepibili, si riferiscono a un suo infelice travestimento per l'ultimo di Carnevale e al fatto che in famiglia si era attribuito gesta (birichinate) compiute da altri compagni.

Riemersione. Come sopra accennato, dopo il raduno del 1972, Ennio Tubo Milanese si mise all'opera di calafatazione e, con il sostegno di Dorini detto anche appropriatamente “Pigafetta” (oltre che Peck) varò un numero speciale de La Caravella, una sorta di regata solitaria rimasta senza seguito: troppo distanti (anche fisicamente) eravamo uno dall'altro, troppo impegnati a vivere ciascuno la propria vita. Non è un caso se solo adesso, dopo cinquant'anni, ci guardiamo indietro e abbiamo voglia di ritrovarci. Riportiamo due brani di quella edizione (Mi&Ti&Lu non è un collettivo tipo Luther Blisset, ma sempre il Tubo).

Editoriale
"Navigare necesse est" era una massima dei nostri avi. Ma navigare senza nave, anche con un abilissimo nocchiero come Toni Pigafetta a disposizione, non è possibile; e per risolvere il problema, eccoci qua, dopo un lauto pranzo a base di gallette, pemmican e agrumi antiscorbuto. Dopo una laboriosa digestione abbiamo espresso un pensiero comune: dovevamo riesumare la vecchia Caravella e farla navigare lungo gli itinerarti della tradizione filzina. Un imperativo scaturito dal recente raduno per il varo del nuovo "F.F.", le cui linee architettoniche (più op che pop), i saloni lussuosi, la distribuzione degli spazi, hanno lasciato sconcertati i quattro gatti che, per caso, si sono ritrovati.

Mutata così radicalmente la scena, non era più possibile riconoscersi, recitare e rivivere la propria parte per tanti anni così fedelmente e amorevolmente interpretata.

Per non lasciar morire il ricordo di un tempo caro a tutti, la Caravella deve, quindi, riprendere il mare (previa opera di esperti mastri calafati). Sarà necessario rispolverare le vecchie carte nautiche, ritrovare gli itinerari consueti, radunare l'equipaggio, rimboccarsi le maniche e rubare del tempo alle nostre occupazioni; ma sarà tempo speso bene. E' un appello questo al vecchio equipaggio e non intendiamo solo quello chiamato un tempo alle manovre, ma a tutto l'equipaggio del Filzi di Grado e di Gorizia, tutto indistintamente, superiori ed allievi.

Son questi i nostri e, speriamo, i vostri propositi:
1. riannodare i legami tra gli ex convittori;
2. creare le premesse e attuare incontri e mini-raduni (viviamo nel nostro tempo e ne seguiamo le mode);
3. pubblicare più o meno regolarmente la Caravella.
Oggi essa lascia il porto con rinnovato entusiasmo (e qualche cigolìo); se troverà scorta adeguata e assistenza, il suo cammino sarà più facile e sicuro. E' un augurio e una speranza! Dunque mettiamoci ai remi e remate!
Mi&Ti&Lu

In navigazione
Oggi, dopo svariati giorni di bonaccia, soffia il maestrale; il mozzo Franco Impatador Cossovi si è rifiutato di svolgere servizio in coperta perché il vento gli scompigliava i capelli. L'Ufficiale in servizio Bruno Pappotar Lokar lo ha messo ai ferri in cantone ed egli vi si è avviato canticchiando con ostentazione "Cric col mambo".

Pare, dico pare, che una nube di gas tossici incomba su Trento con pericolose propaggini nelle valli limitrofe; la cittadinanza avrebbe firmato una petizione al Sindaco per l'allontanamento di Nino Gas-Gas Cerlenco.
Taglio di nastri. Inaugurato a Verona un nuovo tubificio: ha posato il primo segmento Ennio Tubo Milanese.
A Messina ha avuto inizio una nuova attività di import-export che minaccia di superare il fatturato degli agrumi: esche per la pesca. Ne è fondatore Umberto Verme Giordani.
Cronaca nera. Sciacallo arrestato a Firenze durante l'alluvione: cercava tra i detriti pietre arrotondate per incontri di microplozze: fine ingloriosa di Carlo Crapa Giatti.
Sport. Da Milano il nuovo game-choc: la verticale pura. Inventore, ispiratore, propagandista Claudio Sozio Del Missier.
Ultime di politica estera. Contributo italiano alla guerra nel Vietnam. E' in partenza da Trieste un plotone di cani da sbarco al comando di Oscar Marchich, imbarcato sulla motonave Cai-Cai.
Ultimissime dalla capitale. In abbandono il patrimonio avicolo dell'Urbe. Trionfa la Gallina Garrison, produttrice dell'uovo sintetico. Importatore esclusivo per l'Italia, Renato Sintesi da Re.